Satispay e i buoni pasto: come i POS 10 anni fa
2 Ottobre 2023. Se avrete 5 minuti di pazienza capirete che cosa intendo. Settimana scorsa il fintech italiano è stato scosso dall’ingresso di Satispay nel mercato dei buoni pasto. Che il mercato dei buoni pasto fosse un’opportunità di enormi dimensioni si sapeva: il mercato di meal vouchers & employee benefit a livello globale vale circa 200bn Eur (!) e, nella sola Italia, 4bn Eur. Che l’ingresso di Satispay fosse nell’aria si sapeva pure da tempo: la sfida di estrarre valore dal proprio network di utenti ed esercenti e mantenerlo attivo con nuove features è questione di vita o di morte per l’unicorno italiano.
Cosa aspettarsi quindi? Alcune dinamiche di questo mercato mi hanno ricordato il mercato dei POS di 10 anni fa, quando player come payleven, Jusp, iZettle e Sumup si affacciavano sul mercato.
Il mercato dei buoni pasto è concentrato su pochi player che hanno spesso un fortissimo lock-in sui propri clienti. Ogni player di buoni pasto installa presso i propri punti di vendita convenzionati un hardware fisico, un POS, non compatibile con gli altri buoni pasto. Risultato? Ogni punto vendita ha spesso 5, 6 o più terminali. Alcuni per accettare pagamenti, altri per le società di delivery ed altri ancora per ciascun fornitore di buoni pasto. L’hardware è – ad oggi – una barriera all’ingresso per i nuovi entranti, analogamente al POS per le soluzioni di acceptance – che spesso presenta anche penali in caso di chiusura anticipata –.
Il secondo lock-in è di natura commerciale. I principali clienti dei buoni pasto hanno un account dedicato, che sa come muoversi dentro le principali corporate italiane e sa con chi parlare e chi decide. Aspetto non da poco su un tema come i buoni pasto che coinvolge – de minimis – finance (per gli sgravi fiscali) ed HR. Molti grossi acquirer hanno lo stesso tipo di presa commerciale.
Di più, i grossi clienti ricevono spesso sconti importanti (fino al 10%, ma non è la mia industry quindi non quotatemi 😊) sul valore facciale dei buoni: si tratta di un beneficio per la corporate che viene pagato dall’esercente che accetta i buoni. Questo la dice lunga anche sulla catena del valore: è la corporate che decide a quale operatore di buoni pasto affidare la commessa in un meccanismo che è difficile da scardinare per un nuovo entrante sul mercato a meno che non abbia tasche (e unit economics) abbastanza profondi da giocare lo stesso gioco.
Un ultimo elemento caratteristico, non riscontrabile nel mondo dell’acceptance dei pagamenti con carta, è la necessità di avere forti esternalità positive per poter entrare. Cioè, se ho tanti ristoranti e pochi clienti oppure se ho molti clienti e pochi merchant dove i buoni possono essere spesi, mi manca la massa critica per entrare nel mercato. Satispay, con il suo network di utenti (qualche milione) e esercenti costruito in 10 anni di operatività, è uno dei pochi player che credibilmente avrebbe potuto attaccare questo spazio competitivo.
L’offerta buono pasto, infatti, è già attiva su 70 mila esercizi e costituisce una vera sfida per gli operatori del settore: risolve brillantemente il tema delle esternalità e risolve un tema annoso di customer experience. In ogni pagamento con buoni pasto, infatti, è necessario provvedere al pagamento della cifra residua con un sistema diverso, carta di pagamento o contanti, allungando i tempi del checkout. Con satispay questo problema si risolve utilizzando il medesimo wallet.
L’offerta costa poco, una frazione delle soluzioni esistenti, e questo aiuterà a penetrare il “nuovo mercato” che ancora non accetta i buoni. Le PMI italiane sono l’eldorado, il sogno professionale di ogni player di questa industria. Sono ancora poco servite e per loro c’è una value proposition che si basa su sgravi fiscali e business case molto convincenti. Bisogna solo andare a prendersi i clienti, come hanno fatto 10 anni fa i player del mobile POS. Per farlo serve spesa marketing, motivo per cui è importante avere un po’ di margine da reinvestire: considerato il pricing, questa è la sfida principale per il business case (era necessario lanciare così bassi?).
Ciò che per il momento resterà fuori è, secondo me, il mondo delle corporate e di chi ha già una soluzione installata. Un po’ come è successo per il mercato dei POS tradizionali, i lock-in sono molto più alti di quanto ci si aspetti e avere una soluzione al pari o migliore tecnologicamente nel breve non sarà sufficiente. Ci vorrà un po’ di pazienza e sguardo attento che tornino i numeri per tutti… ma nessuno degli incument di questo mercato è nato in un giorno. Ne vedremo delle belle!
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