I registratori di cassa su tablet: un altro mercato dove siamo indietro (o avanti?)
24 Ottobre 2017. Il mercato dei registartori di cassa ha visto una grande rivoluzione negli ultimi anni: si è passati da sistemi poco sofisticati, non connessi, non in tempo reale e che non davano informazioni sugli oggetti acquistati dai clienti all’estremo opposto. Recentemente, un amico con un negozio negli Stati Uniti mi ha fatto vedere Clover: dati di venduto in tempo reale, con dettaglio del carrello, possibilità di integrazione con l’ERP aziendale e con il magazzino, analytics (fighissimi) in tempo reale.
Che strumento di gestione!
Anche in Europa alcune di queste soluzioni hanno iniziato a fare breccia nel mercato, da AirPOS a iKentoo a Square (per lo meno in UK). Eppure, in Italia il terreno sembra davvero poco fertile per questo tipo di soluzioni. Perchè?
L’Italia dimostra alcune peculiarità. Negli anni ’80 (o cosi mi è stato detto), in corrispondenza di una crisi di una nota azienda produttrice di sistemi di cassa (l’italianissima Olivetti) e di una crescita dell’economia sommersa fuori di controllo, fu deciso di introdurre la fiscalità: ogni registratore di cassa da qual momento in poi avrebbe dovuto essere certificato da un soggetto terzo (un installatore che avrebbe dovuto apporre un sigillo al registratore stesso), avrebbe dovuto battere un massimo prestabilito di scontrini prima di essere irrimediabilmente da buttare (pari a circa 7 anni di servizio), avrebbe dovuto ricevere un controllo/ispezione ogni 12 mesi.
In questo modo si creò un mercato nuovo (quello degli installatori di registratori di cassa) e si “salvò” un’azienda che avrebbe goduto di un ricambio della base installata di circa il 15% ogni anno (100% diviso i 7 anni di vita utile di un registratore), oltre alle nuove installazioni.
Ebbene, gli effetti di questa legge sono evidenti e validi ancora oggi. Pochissimi player internazionali hanno avuto la forza e la voglia di entrare nel mercato italiano e i prezzi per gli esercenti sono tre volte quelli degli altri Paesi Europei, proprio per l’esistenza di peculiarità – legate alla fiscalità – che impattano su hardware e volumi.
Un registratore di cassa può essere composto da un singolo pezzo di hardware (costo a partire dai 300 Eur circa) ovvero da una stampante fiscale collegata ad un terminale (costo a partire da 1000 Eur circa). Ad un costo da 3 ad 8 volte quello delle soluzioni “tradizionali, le soluzioni maggiormente all’avanguardia permettono di collegare la stampante fiscale ad un tablet android o ios e donano agli esercenti la stessa profondità di dati dei corrispettivi americani.
Questo mercato, in grande fermento e grande crescita (CAGR superiore all’80% fino al 2020) annovera aziende come Lasersoft, Cassanova, Scloby e iPratico. Ognuna di queste soluzioni si focalizza su uno o più industrie, dal momento che le esigenze possono essere diverse: ad esempio, Cassanova integra la possibilità di pesare oggetti quali frutta o verdura in una soluzione ideale per il retail, Lasersoft fornisce integrazioni coi sistemi di gestione delle prenotazioni per gli hotel, iPratico consente di connettere le stampanti fiscali e le stampanti di cucina in un unico “cloud” orchestrato dall’applicazione. Inoltre, circa una età dell’attuale mercato è costituito da soluzioni personalizzate sviluppate da SW house su committenza di gruppi di aziende o franchise.
Sembra, quindi, che l’Italia stia inseguendo l’America e l’Europa nell’adozione di questi strumenti manageriali strepitosi. Eppure questa è solo parte della storia. Germania, Polonia e altri paesi hanno deliberato norme che mirano ad introdurre la fiscalità nei propri ordinamenti. Non è chiaro se siamo indietro o, per una volta, avanti agli altri.