L’importanza degli analytics nei servizi finanziari: la paura fa 90!
25 Aprile 2017. Una delle aree di maggiore interesse per i servizi finanziari è legata al ruolo dei dati sui propri clienti e del valore che si può creare utilizzando evidenze numeriche sui comportamenti di acquisto.
Credo che questa consapevolezza abbia oramai raggiunto il 100% del management e che sia diventata una tautologia: grazie ai dati di comportamento, consumo, scelte di investimento e risparmio, si può capire molto sui propri clienti e ricavarne benefici economici per il prestatore di servizi bancari. A riprova, in base ad un sondaggio di Marketforce, il 93% dei dirigenti bancari crede che l’efficace utilizzo dei dati sia critico per mantenere la propria quota di mercato nei prossimi 5 anni.
Io credo che questo allineamento di visione tra operatori finanziari, privo di distinzione tra dimensione, geografia o tipo di clientela, derivi da una serie di elementi. E forse l’unica correlazione tra tutti è la paura di non esistere più tra 10 anni.
Da un lato, lo spettro di un ingresso nel mercato dei servizi bancari dei GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon) ha forzato le banche a chiedersi in che modo fosse possibile competere con questi colossi sullo stesso livello. La risposta che molte si sono date è che i GAFA sono superiori per User Experience e per un utilizzo dei dati attento e molto potente. Nel momento in cui la forza del rapporto tra clienti e banche è ai minimi storici, è stata una doccia fredda per tutta l’industria scoprire che oltre il 40% dei millenials aprirebbe un conto con Google se ne avesse l’occasione.
Dall’altro, la nascita di startup fintech che hanno dimostrato di poter erogare servizi quali il roboadvisory e il P2P lending - per fare solo due esempi - ha costituito un secondo, chiaro campanello di allarme: piccole aziende, senza spendere milioni per i propri sistemi IT e senza track record sul mercato sono riuscite ad offrire servizi comparabili – e in alcuni casi migliori – rispetto agli incumbent. Spesso il segreto del successo e, per quelle che non ce l’hanno fatta, il motivo dell’insuccesso, è stata la capacità di analizzare i dati in modo intelligente.
Infine, la nuova regolamentazione europea, la PSD2, abilita nuovi modelli di business e renderà ancora più competitivo il mercato dei servizi di pagamento e finanziari. L’89% di un panel di 300 dirigenti bancari in UK crede che nel corso dei prossimi 3 anni, oltre il 50% dei millenials adotterà soluzioni di visualizzazione integrata dei propri conti correnti (ossia, il servizio erogato dagli AISP). Contemporaneamente, la nascita dell’Open Banking e dell’ecosistema della API, secondo il 73% del panel, indebolirà ulteriormente il doppio filo che ad oggi tiene legati i clienti alle proprie banche.
In sintesi, sebbene sia sano ed auspicabile che banche ed operatori finanziari guardino ai dati con maggiore interesse, a me sembra che spesso la motivazione di fondo a considerarli sia la paura di ciò che potrebbe aspettarle dietro l’angolo. In questo contesto, c’è il rischio che si perda di vista il vero obiettivo e che si cerchi semplicemente di fare “qualcosa” con i dati.
Come un analista che abbia ricevuto un grosso file excel da analizzare – consentitemi il paragone con i miei trascorsi da consulente – le migliori pratiche impongono di capire le analisi che si vogliono fare e di mettere a posto la base dati prima di iniziare a fare “number crunching”. Allo stesso modo, gli incumbents dovrebbero interrogarsi su come creare valore per i propri clienti attraverso i dati, prima di lanciarsi in ambiziosi programmi di big data analytics.